Questa la domanda più frequente che uno specialist di e-commerce si sente rivolgere dal cliente sfiduciato, quello che magari ha investito somme anche ingenti nella realizzazione di una infrastruttura web per il commercio elettronico e non è riuscito a rientrare dell’investimento, o non ha raggiunto il target desiderato.
Dunque, qual’è la risposta – o meglio, quali sono le risposte?
Le cause, naturalmente, possono essere molto ampie e variegate, e non sempre dipendono da dei deficit tecnologici della piattaforma scelta e/o implementata. Potremmo, ad esempio, avere una situazione in cui semplicemente la categoria merceologica scelta non è di per sé adatta per il commercio elettronico; oppure, potremmo avere un merchant che si ostina a vendere a prezzi decisamente poco concorrenziali. In questo caso potremmo dire che la causa delle mancate conversioni sia squisitamente commerciale.
Partiamo però dal presupposto che il “nostro” sito web abbia i prodotti giusti e i prezzi adatti per far gola all’utente. Molto spesso questa è la situazione più frustrante per il vendor, che ha magari solo un’esperienza di commercio “tradizionale” – nel quale probabilmente eccelle – e crede di poter applicare le stesse logiche al commercio elettronico.
Scarsa visibilità
La prima causa (o meglio, il primo insieme di cause) che concorre allo scarso successo di un sito e-commerce è sicuramente la poca visibilità del sito stesso. Un concetto che, quando cerco di trasmettere al mio interlocutore, preferisco esprimere tramite un paragone. E’ come avere un bellissimo negozio, dalla vetrina splendida e sfavillante piena di articoli irresistibili e a prezzi da urlo, ma essere completamente invisibili all’occhio di chi passa, perché nascosti sul retro di una via buia. E’ possibile che, allora, anche la vetrina mezza vuota e un po’ deprimente ma in bella mostra sulla strada principale possa attirare di più l’attenzione.
Nel web ovviamente vale lo stesso concetto. Essere massimamente visibili ed attirare più utenti/clienti possibili è il primo imprescindibile presupposto per un e-commerce di successo.
Ottimizzazione SEO
La prima, più ovvia problematica riguarda il SEO (Search Engine Optimization): la presenza sui motori di ricerca. Di questo si sono occupati, e si occupano, specialisti così abili e aggiornati che è inutile dilungarsi in questa sede, giacché il concetto dovrebbe essere ormai ben chiaro a tutti, utenti più o meno esperti del web. Se non sei presente nei risultati dei motori di ricerca, non esisti per nessuno.
Lasciamo quindi da parte la disquisizione dell’argomento SEO e concentriamoci su cause un po’ meno note e conosciute, ma altrettanto importanti.
Usabilità
Anche un sito molto ben indicizzato, su cui confluiscano una quantità soddisfacente di visite, può continuare ad avere converisioni – e quindi produrre introiti – realmente deludenti.
Spesso in questo caso quello di cui il sito difetta è l’usabilità. Con questo termine molto ampio si identificano tutte quelle best practices che rendono un sito facilmente fruibile dall’utente finale (nel caso di un e-commerce, lo scopo è proprio trasformare questo utente in un cliente, incentivandolo all’acquisto).
Ad esempio, interfacce grafiche “datate”, oppure al contrario eccessivamente elaborate e stylish, sono quelle che possono contribuire a disorientare l’utente e – conseguentemente – indurlo all’abbandono del sito e dell’acquisto. Questo è un errore così comune che viene commesso persino da marchi importantissimi; i quali attirano sul proprio e-store una gran quantità di possibili clienti grazie ad un marchio e un nome forti e un’ottima presenza sui motori di ricerca, per poi però indurre il potenziale cliente all’abbandono perché frastornato da un’impostazione grafica eccessivamente confusionaria o – all’esatto opposto – eccessivamente minimal. Del resto, l’interface design è una delle skills più richieste oggigiorno nel mondo del web 2.0. Giganti del settore hanno clamorosamente “toppato” in questo senso, proponendo interfacce e features magari anche interessanti ma decisamente “troppo” innovative per l’utenza.
Un’altro tipico problema di un layout (e-commerce) mal progettato è collegato alla cosiddetta soglia di attenzione dell’utente e al relativo posizionamento di prodotti, callout, marchi, call-to-action. Ovvero: dove cade l’occhio dell’utente? La risposta appare evidente se osserviamo ad esempio il report generato da un sistema per il tracciamento delle abitudini di navigazione degli utenti (come CrazyEgg). Spesso il banner che avevo posizionato in quella che credevo una posizione strategica viene in realtà bellamente ignorato perchè l’utente non lo “nota”: vuoi perché non capisce trattarsi di un banner cliccabile (potrebbero per esempio mancare dei call-to-action, ovvero dei richiami a “fare qualcosa” come ad esempio il classico “Clicca qui per…”), vuoi perché semplicemente l’oggetto cade fuori della sua attenzione o del suo campo visivo: ad esempio perché è tagliato a metà da uno scroll verticale della pagina (ricordiamo sempre che la media dell’utenza ormai utilizza display in proprozione 16:10 widescreen, per cui lo spazio verticale è ridotto rispetto a quello orizzontale).
Infine, prodotti con immagini troppo piccole, testi troppo minuti, opzioni malamente distinguibili, tipografia sbagliata, scarsa chiarezza generale: sono tutti problemi che possono affliggere il layout di un sito e-commerce. E’ bene non sottovalutarli perché quello che a noi sembra una particolare insignificante, o una procedura che a noi appare ovvia, spesso non lo è per l’utente/cliente nei panni del quale dovremmo calarci.
In questo senso sono molto utili gli studi di usabilità condotti su un campione reale di utenti.
Tecnologie proprietarie
Un altro problema che spesso può affliggere un sito web è l’utilizzo di tecnologie proprietarie che rendono difficile la visualizzazione cross-platform dei contenuti proposti; specie quando queste tecnologie non sono poi così utili come sembrerebbe.
Un esempio classico: l’uso di contenuti Adobe Flash© per creare animazioni e slideshow.
A prescindere dal fatto che spesso questi elementi, se inseriti in un e-commerce senza “criterio”, sortiscono il risultato opposto a quello sperato, ovvero distraggono l’attenzione dell’utente e disperdono preziosi click; il vero problema è che i contenuti Flash non sono supportati su dispositivi mobile, specie in quelli Apple equippaggiati con iOS (iPhone e iPad), Inoltre, francamente, la resa di Flash su dispositivi Android (dichiarati compatibili) è piuttosto deludente: essendo Flash Player un’applicazione che richiede uno sforzo notevole di CPU, i dispositvi non high-end fanno fatica a visualizzare anche un semplice slider di immagini.
Il caso estremo è rappresentato da interi siti e-commerce realizzati in Flash. Chi scrive ne ha, purtroppo, visti molti: e non si tratta certo di soluzioni entry-level, ma di costose soluzioni enterprise che sono alla portata solo di aziende e marchi di grosso calibro.
Lo stesso dicasi per altri tipi di contenuti, come embedded media (filmati, musica – entrambi pessime scelte in ogni caso per un e-store) e altre applicazioni web di questo genere. Similmente l’uso di tag html deprecati (come gli object) può portare a problemi di visualizzazione su diversi tipi di browser moderni che per default settano alti livelli di protezione contro questi tag considerati “maliziosi”.
Le tecnologie web 2.0 offrono una vasta gamma di soluzioni alternative: da potenti librerie javascript che permettono di realizzare animazioni e ogni genere di applicazione interattive, a cookies che permettono di memorizzare le preferenze dell’utente durante la navigazione, a tag che permettono l’inserimento di contenuti dinamici come iframe.
L’uso di queste tecnologie, che dovrebbe esser dato per scontato, garantisce la portabilità della piattaforma e-commerce su praticamente tutti i dispositivi e browser, permettendo quindi di raggiungere la più ampia e variegata base di utenza possibile.